
Oden: la zuppa giapponese che insegna a rallentare
Nel cuore di Sasebo (Kyūshū, Giappone), nascosto tra i vicoli scavati nella roccia durante i bombardamenti del 1945, esiste un luogo sospeso nel tempo: Ton–neru Yokocho, il tunnel dei vicoli.
Un ex rifugio antiaereo trasformato in un intreccio sotterraneo di izakaya, bar, piccoli negozi e ricordi.
È qui, in questa cavità della città, che abbiamo assaggiato per la prima volta l’oden.
L’Izakaya nel tunnel
L’Izakaya Tough è un locale che non si fa notare per le apparenze. Piuttosto, ha pareti curve di cemento grezzo, luci basse, orologi fermi e fotografie sbiadite.
L’atmosfera è quella di una capsula del tempo: silenziosa, densa, accogliente.
Un luogo che racconta paure antiche e la bellezza del rifugiarsi insieme.
Avvolti dal vapore e dal profumo del brodo, ci siamo seduti per scoprire uno dei piatti più umili e profondi della cucina giapponese.
Cos’è l’oden
Immagina una pentola fumante, con una schiumarola che affiora e un liquido ambrato da cui spuntano forme misteriose.
L’oden si presenta così: senza colori accesi, senza estetica ricercata. Solo ingredienti semplici – daikon, tofu, uova, konnyaku, tortini di pesce – cotti a lungo in un brodo caldo di dashi, salsa di soia e spezie leggere.
L’oden è un piatto che si costruisce lentamente e si gusta senza fretta.
La sua storia affonda le radici nei templi buddisti del periodo Muromachi, dove si preparavano spiedini di tofu grigliato spennellati di miso, chiamati dengaku, come l’antica danza sacra.
Col tempo, però, il tofu ha lasciato i bastoncini per immergersi nel brodo. Così, quel piatto meditativo è diventato conforto notturno per i banshi, le guardie samurai che vegliavano sulle città d’inverno.. e per tutti noi oggigiorno.
Una zuppa che ti costringe a fermarti
Seduti a gambe incrociate, stringendo tra le dita le bacchette, ci siamo trovati davanti a uno degli ingredienti più insidiosi dell’oden: l’uovo sodo.
Che non si lascia afferrare, sfugge e scivola nel brodo, come a volerci dire: fermati.
E così abbiamo fatto.
Perché quell’uovo era più di un ingrediente ostico: era una metafora.
Un invito gentile a rispettare il tempo. A rallentare.
In quel rifugio nato dalla guerra e trasformato in accoglienza, con il viso umido di vapore e le mani tremanti dal ridere, abbiamo capito una cosa semplice:
mangiare lentamente non è un lusso. È un atto di presenza.
Una ciotola di oden, più che un pasto, è una lezione di pazienza, calore e memoria condivisa.
📍 Izakaya Tough Sasebo
🕙 Aperto ogni sera dalle 18:00 all’01:00 (chiusura lunedì).
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