
48 ore in una dacia russa: un’esperienza incredibile!
Chi l’avrebbe mai detto che
un incontro casuale in Turchia ci avrebbe portati a vivere un’esperienza così autentica in Russia?
Avevamo conosciuto Emil e la sua famiglia per caso, e mai ci saremmo immaginati di vivere 48 ore nella loro dacia russa nelle campagne di Kazan, sulle rive del Volga.
Vi raccontiamo la nostra esperienza con una pagina di diario, tramite quei ricordi che resteranno per sempre nel nostro cuore.
Arrivo alla dacia
Dopo aver seguito Emil ed esserci addentrati di notte in un fitto bosco, ci siamo ritrovati con i fari puntati sulle pareti in legno di una dacia, la tipica casa di villeggiatura russa. Non riuscivo a credere ai miei occhi. La piccola dependance a lato, con le pareti in vetro, rivelava un salotto da esterno, mentre una volta varcata la soglia di casa, al piano di sotto sono apparsi la cucina, il salotto, la camera da letto e il bagno. Ogni stanza aveva un colore diverso alle pareti, con un dettaglio particolare appoggiato o appeso qua e là. La scala, rigorosamente in legno come tutto il resto, conduceva alla stanza da letto di sopra e al secondo bagno.
“Prendete le vostre cose e fate come se foste a casa vostra!”.
Ci siamo ritrovati con i pigiami in una borsa, il cibo per gli animali nell’altra, pronti a dormire nei due letti singoli, in una stanza più grande del nostro van, tanto che ci sembrava quasi di poter giocare a nascondino tra quelle quattro mura.
Colazione da re e regina
La colazione è stata tutta una sorpresa. Abbiamo assaggiato gli “Etchpetchmac”, triangolini di pasta sfoglia ripiena, un mix di verdure, una deliziosa caciotta locale e due dolci tipici tatari: i “Talkysh Kaleve” - piccole piramidi di farina di frumento, burro, miele, zucchero e acqua - e i “Çäkçäk” - un agglomerato grande quanto una pallina di tennis di pasta non lievitata, tagliata e arrotolata in palline fritte nell’olio e inzuppate di miele. Il tutto accompagnato da tazze di caffè lungo, chiacchiere e confidenze, con Emil che ascoltava paziente e curioso e non mancava di dispensare consigli utilissimi e dettagli sul passato e sul presente dei luoghi che stavamo scoprendo. Lui e la moglie avevano acquistato quella dacia più per i vicini di casa che per la vicinanza dalla prima casa. Non ci restava che andare a conoscere Rustik e Tania di persona, e ritrovarci in men che non si dica in costume da bagno, a bordo di una piccola barca a motore.
Un tuffo nel Volga
I due amici seduti davanti, valorosi capitani, noi dietro, curiosi come bambini. Ci siamo tuffati nelle fredde acque del Volga, sfidando la corrente, salutando chi attorno a noi sfrecciava su moto d’acqua o ci osservava dalla riva, ammirando le facciate colorate delle altre numerose dacie nascoste tra gli alberi. Stavamo vivendo l’estate russa, che dura giusto tre mesi, il tempo di una tregua dal freddo e dal buio. Il vento fra i capelli, la pelle accarezzata dai raggi del sole.
Cin cin ragazzi!
Quando siamo tornati a casa Alona era ai fornelli, intenta a preparare un banchetto degno di un pranzo di Ferragosto. Sul tavolo sono apparse un’insalata di patate e aneto, pomodori e cetrioli conditi con una crema densa, il piatto tipico dei festeggiamenti - una sorta di insalata russa con patate, pezzetti di pesce, rape e maionese rosa - fette di pane di segale, patate tagliate a rondelle con pesce e cipolle. E un bottiglia di “acqua bianca”, la vodka locale.
“Ragazzi ora vi insegniamo noi a berla, non temete”.
Appreso il trucco del buttare fuori l’aria con un respiro deciso, bere e magiare subito qualcosa, ma non latticini, ci siamo ritrovati a brindare al viaggio, alla nostra amicizia, agli incontri speciali, al mondo intero. E io, che se bevo un dito di vino bianco mi ritrovo con il mal di testa e la risata facile, ero perfettamente sobria. Ma soprattutto, felice.
Tour delle dacie
Nel tardo pomeriggio la nostra presenza aveva fatto notizia, tant’è che ci siamo ritrovati a spalancare le porte del van per mostrare la nostra piccola casa su quattro ruote, per poi curiosare fra le mura altrui. Dopo aver ricevuto un invito da parte di due anziani per l’indomani nella loro isba - la classica casa in legno dipinto abitata tutto l’anno - abbiamo varcato la soglia della splendida dacia di un artista, Vadim. Aveva pensato e costruito tutto lui: le ceramiche alle finestre, il salotto con i tendoni, la cucina in legno con cimeli del passato, il bagno in stile nipponico, la stanza open space al piano di sopra con macchine da scrivere e fotocamere analogiche, una macchina da cucire trasformata in tavolino e piccolo forno per gli spuntini con amici, lo studio d’arte all’ultimo piano con le tempere, gli oli e vari materiali messi a disposizione da madre natura. Siamo usciti dalla casa-museo con un paio di regali: una scarpa in legno intagliato e un’icona di San Nicola, protettore dei viaggi.
Da Rustik e Tania ci siamo presentati con due borse di panni da lavare, mentre loro ci mostravano i giochi allestiti per i gatti di casa, e ci servivano una generosa porzione di quella zuppa che ogni famiglia prepara con un ingrediente segreto, mescolato con amore. Il sole accennava timidamente a tramontare, mentre noi ci preparavamo ad assaggiare la cena preparata da Emil, brindando ormai con abilità e dando il via a un karaoke in onore delle canzoni che hanno lasciato un segno nel tempo. Eccola la nostra estate russa, in compagnia della miglior famiglia adottiva che potessimo desiderare.