Mardin: due passi per la Matera turca e verso un nuovo confine
Mardin è una città a dir poco enorme arroccata su di una collina e il suo quartiere antico viene spesso paragonato alla Matera italiana da chi lo abita.
A noi è sembrato più un presepe illuminato di notte, mentre di giorno ci ha ricordato le città che avevamo imparato a conoscere a occhi chiusi in Marocco: un dedalo di stradine, case color ocra, tetti piatti e dietro ogni serranda qualcuno intento a vendere qualcosa.
Bentornati passaporti
È nella parte moderna della cittadina che abbiamo trovato cosa ci serviva: in primis i nostri passaporti tornati intatti e con un visto in più, quello per la Russia, poi un gentile ragazzo che parlava inglese e che ci ha aiutati a scoprire dove comprare la miglior versione del güllaç, un dolce preparato durante il Ramadan a base di riso cotto nel latte. Ci rimaneva una cosa però da fare ancora a Mardin, cioè raggiungere un monastero ortodosso in cima a un’altra collina.
Il monastero dello zafferano
Il Deyrulzafaran, o monastero dello zafferano per via della pianta che cresce a dismisura nei territori attorno, si può visitare solo prendendo parte a gruppi guidati e la fortuna ha voluto che ne partisse uno nel momento in cui siamo arrivati. Se nella chiesa superiore vi sono simboli a noi noti, è stato in una stanza sotterranea, tutta incastonata nella pietra, che il nostro sguardo si è soffermato su di una piccola fessura un tempo rivolta verso il sole, il dio pagano. Per la notte ci siamo fermati nel piazzale del monastero, dove a turno sono passati a salutarci i gendarmi, assicurandoci che avrebbero badato loro a ogni nostra necessità.
Dara, la perla nascosta
Poco distante da Mardin si può visitare anche l’antica cittadina di Dara, la miglior complice che potessimo desiderare per spezzare il viaggio: immersa fra campi verdi brillanti, con un cielo che ricorda l’Irlanda, permette di vagare nelle terre rese fertili dal vicino Tigri e di immaginarsi il confine ultimo dell’impero romano, in quella che a tutti gli effetti veniva denominata la Efeso d’Oriente. La Necropoli e l’acquedotto sono i resti meglio conservati, mentre le mura cittadine creano oggi giorno quasi un canyon all’interno del quale perdere l’orientamento.
Di lì in poi abbiamo la strada, sempre dritta, costeggiata a tratti dai campi, a tratti dal compagno dell’Eufrate citato in frasi ripetute a memoria da bambini, finché non ci siamo fermati esausti in un parcheggio custodito per camion, trovando timidamente un posto per il nostro van che sembrava una formica in mezzo a un gruppo di elefanti.
Ultimo step: richiedere il visto elettronico per il prossimo paese!
Arigatou, alla prossima.
🇮🇹 → 🇯🇵 8484 km (in linea d’aria)
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