
Gunkanjima: l’isola fantasma al largo di Nagasaki
- Gunkanjima: Isola abbandonata al largo di Nagasaki, nota come “isola nave da guerra” per la sua forma.
- Storia: Acquistata da Mitsubishi nel 1887 per il carbone, ospitava oltre 5.000 persone nel 1959.
- Condizioni di vita: Abitazioni piccole, strade strette, lavoro duro nelle miniere di carbone.
- Abbandono: Chiusa nel 1974, lasciata deserta, ora un set post-apocalittico in degrado.
- Patrimonio UNESCO: Riconosciuta, ma con accesso limitato a poche aree sicure per i visitatori.
- Visita: Tour dal porto di Nagasaki, prenotabili online, soggetti a condizioni meteo favorevoli.
- Tour operator: Consigliato “The Gunkanjima Landing & Cruise” con guide in inglese il martedì, giovedì e sabato.
- Significato: Simbolo della corsa industriale giapponese e della fragilità delle conquiste umane.
A circa 20 km dalla costa di Nagasaki, emerge dal mare la sagoma inquietante e affascinante di Hashima, meglio conosciuta come Gunkanjima, l’“isola nave da guerra”. Il soprannome non è casuale: la sua forma massiccia e i suoi edifici in cemento armato sembrano il relitto di una città alla deriva, uno spettro del passato industriale del Giappone.
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Dalla roccia disabitata al cuore nero dell’industria
La trasformazione di Hashima iniziò nel 1887, quando la Mitsubishi Corporation acquistò l’isola dopo la scoperta di depositi di carbone sotto il suo fondale. Nel tempo, l’isola venne ampliata artificialmente per ospitare una vera e propria cittadella: miniere, palazzi residenziali, scuole, ospedali, infrastrutture. Il tutto su appena 6,3 ettari.
Al culmine della sua attività, nel 1959, Gunkanjima contava oltre 5.000 residenti, rendendola uno dei luoghi più densamente popolati al mondo. Ma questa densità era tutt’altro che sinonimo di comfort: le abitazioni erano piccole, le strade strette, e le condizioni di lavoro durissime. I minatori scendevano ogni giorno nelle viscere dell’isola per estrarre il carbone, affrontando calore, umidità e pericoli continui.
Un campo giochi in cemento
Eppure, nonostante tutto, sull’isola si rideva anche. I bambini giocavano sui i tetti, si nascondevano nei vicoli, e osservavano da lontano le onde degli tsunami dietro a una barriera di cemento. Esisteva persino una piscina riempita con acqua di mare, oggi solo un ricordo sgretolato dal tempo.
Durante la nostra visita, a raccontarci tutto questo è stato un volontario di 80 anni, appassionato e sorridente, che parlava inglese con entusiasmo e orgoglio. “Scattate più foto che potete”, ci ha detto. “Tra sei mesi potrebbe non esserci più nulla. Quest’isola crollerà, e di lei rimarranno solo i ricordi”.
L’abbandono e il silenzio
Nel 1974, la Mitsubishi chiuse la miniera. Gli abitanti furono costretti a lasciare l’isola in poche settimane, lasciando dietro di sé case, oggetti, e frammenti di vite. Da allora, Gunkanjima è rimasta deserta, esposta ai venti, alla salsedine e all’incuria del tempo, e gli edifici si stanno sgretolando, rendendola sempre più simile a un set post-apocalittico.
Oggi l’isola è Patrimonio dell’Umanità UNESCO, ma l’accesso è limitato: solo alcune parti sono visitabili in sicurezza. Nonostante ciò, resta un simbolo potente della corsa industriale giapponese e del prezzo umano che l’ha accompagnata.
Un luogo che fa riflettere
Gunkanjima non è solo una curiosità per appassionati di storia o urbex: è una memoria viva, che ci interroga sul senso del progresso, sulla fragilità delle conquiste umane e su ciò che resta, quando tutto il resto scompare.

Come arrivarci
- I tour partono dal porto di Nagasaki ( Nagasakiminato Terminal nell’area di Oura).
- Prenota online in anticipo, soprattutto nei weekend.
- Lo sbarco sull’isola è permesso solo con bel tempo, altrimenti il tour diventa solo una crociera panoramica.
Tour operator consigliati
Noi abbiamo usato il tour operator The Gunkanjima Landing & Cruise in quanto offre guide in inglese. La guida è gratuita ma attenzione, è disponibile solo il martedì, giovedì e sabato.