Vi parlo un po’ di me, di quando ho capito che viaggiare per il mondo mi avrebbe cambiato la vita
Mi chiamo Sara. Sono nata nel 1990 sotto il segno dei pesci. Nuoto nell’emotività fin da bambina, quando mi nascondevo dietro a un grissino che stringevo forte come se fosse una bacchetta magica mentre passeggiavo con la mia famiglia per le vie del paese. Eppure sorridevo e salutavo. I miei primi due comandamenti, gli insegnamenti di nonno e nonna: sorridi e saluta. Crescendo ho allungato la lista, in modo da arricchire il momento che segue quella gentilezza di un sorriso e di un saluto.
regola n.3: accetta. Accetta, non nel senso di abbi pazienza e lascia che le cose accadano. Accettale. Ti aiuterà a vedere meglio il loro impatto.
regola n.4: cambia idea. Per l’amor del cielo cambia idea su tutto e anche su te stessa se questo può servire a crearne la miglior versione possibile.
regola n.5: metti in scena te stessa. Nessuna maschera. Te stessa, a tuo rischio e pericolo.
regola n.6: condividi. Avrai dato vita ad un momento che magari sarebbe finito nel dimenticatoio.
regola n.7: sogna. Lascia che nuove idee attraversino i tuoi pensieri.
regola n.8: ringrazia. Prenditi un attimo per dire grazie e nota quanto questa parola può appoggiarsi delicatamente sui pensieri altrui.
regola n.9: ama. Ama senza riserve. E lasciati amare.
regola n.10: viaggia. Che per me è diventato sinonimo di vivi. Perché ho capito che viaggiare per il mondo mi ha cambiato la vita.
Da sola? No, ero con me stessa.
Uno dei momenti che ricordo con più lucidità è una telefonata avvenuta tanti anni fa. Ero in Irlanda, a Sligo. Avevo 16 anni. Il mio primo viaggio lontano da casa. Il mio primo volo. Da sola. In vacanza studio. A metà vacanza chiamai a casa, rispose nonno. Lui, che non aveva mai visto il mare, che la poliomielite aveva reso disabile, mi chiedeva di raccontargli tutto. Avrebbe viaggiato con i miei occhi. Non riuscii a trattenere le lacrime. Ero così felice lontana da casa. Così libera di essere me stessa. E mi sentivo così in colpa per esserlo. Tornata nel mio paesino ho passato giorni rinchiusa in camera al buio, a fare i conti con quella parte di me che non volevo accettare. Non potevo voler vivere altrove, parlare un’altra lingua, apprezzare culture così diverse. Come potevo essere così sfrontata verso ciò che avevo detto di amare fino a quel momento? Io che dicevo di voler vivere per sempre ai piedi del Monviso come potevo sperare di svegliarmi guardando tutt’altro? Furono giorni infernali.
Poi ho imparato davvero a ringraziare e a crescere
Sono tornata altre 3 volte in Irlanda. A fare i conti con il suo cielo, con il verde dei suoi prati. Sono tornata a *ringraziare *quella terra che mi aveva fatto sentire come a casa, a far pace con quella me che finalmente si era lasciata andare in balia della felicità. Ho imparato che nel mondo là fuori do il meglio di me. Lascio andare i pregiudizi, assorbo le differenze, le faccio mie. Faccio tesoro dei cambiamenti che potrebbero arricchirmi e accetto quelli che arrivano a farmi crescere. Se solo potessi chiamare nonno oggi gli direi, forse sempre tra le lacrime, quanto è bello salutare e sorridere in tutte le lingue del mondo. Perché quel ciao e quella linea che si allarga piano piano sul volto sono state le regole migliori che potessero insegnarmi e il mio passepartout per la felicità.
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