
Viaggiare è diventata la mia dipendenza
- Viaggio come dipendenza: Viaggiare diventa una necessità fisica che porta calma e gratitudine.
- Evoluzione temporale: Un viaggio iniziato per un anno si è esteso a tre, con desiderio di continuare.
- Non solo vacanza: Viaggiare non è staccare, ma un modo di vivere per cambiare prospettiva.
- Equilibrio personale: Il movimento aiuta a respirare aria nuova e a trovare un equilibrio interiore.
- Rispetto delle scelte: Vivere in viaggio è una scelta personale, né migliore né peggiore di altre.
- Autenticità: Il viaggio non è evasione, ma un modo autentico di essere aperti al mondo.
- Ricerca di sé: La vera dipendenza è cercare una vita che rispecchi la propria essenza.
- Felicità personale: Conta trovare ciò che fa ridere, ascoltare e vivere pienamente, qualunque sia la forma.
Non so se esista un preciso istante in cui una vita in viaggio smette di essere una scelta e inizia a somigliare a una malattia. Una dipendenza, vera e propria. Per me è successo quando ho capito che, nel movimento, il battito del cuore rallentava e si faceva calmo. Che l’aria entrava nei polmoni senza sforzo, che l’ossigeno trovava spazio nei pensieri.
È successo quando, di notte, ho iniziato a dormire con la bocca aperta invece che con i denti serrati. Quando la prima emozione che avvertivo non era la sofferenza, ma la gratitudine. Quando siamo partiti per un anno, e all’improvviso sono diventati due. Poi tre. E ora pensiamo: “Perché fermarsi al quarto? Al quinto? E perché non continuare?”
Lo so: è difficile da capire, se non lo vivi.
Non è solo voglia di vacanza
Molti pensano che il desiderio di viaggiare a lungo sia simile al bisogno di “staccare” per qualche settimana d’estate. Ma chi vive in movimento lo sa: è qualcosa di diverso. Non si tratta di “vedere il mondo” come se fosse una lista da completare, ma di respirare un’aria nuova che ci rimette in equilibrio. È un bisogno fisico di cambiare prospettiva, di svegliarsi in un luogo sconosciuto, di sentire che la vita ha infinite pagine da scrivere. Chi è davvero dipendente dal viaggio lo sa: è un modo di stare al mondo.
È una scelta, e merita rispetto
Vivere in viaggio non è meglio, né peggio, di trovare la felicità in una casa che si abita per tutta la vita. Non è più, né meno, coraggioso di cambiare lavoro ogni mese, o di restare nello stesso mestiere per sempre. Non è più folle che innamorarsi di qualcuno vicino a casa o lontano mille chilometri. Né meno. Sono tutte scelte. Scelte che abbiamo preso o prendiamo o prenderemo io, tu, tutti. E, in quanto tali, meritano rispetto prima di essere giudicate o imitate. C’è chi trova pace nel movimento, chi nella stabilità.C’è chi colleziona timbri sul passaporto, chi ricordi nel giardino di casa. Il punto non è cosa fai, ma perché lo fai. E cosa ti muove davvero dentro.
La vera dipendenza
Vivere in viaggio può sembrare, a tanti, una forma di evasione. Ma per chi ci è dentro, spesso è il contrario: è la presenza più autentica. Che non significa fuggire, ma restare aperti a tutto. Forse, la dipendenza non è nemmeno quella dal viaggio, ma dalla ricerca di una vita che assomigli a chi siamo per davvero. Oggi per lo meno, poi domani si vedrà. Per me, il viaggio è stato come alzare il sipario su una nuova versione di me. Per te, potrebbe essere un orto, un figlio, un libro, un mestiere, un amore.
Quello che conta davvero è trovare una piccola felicità che ti faccia ridere prima di lamentarti, ascoltare prima di giudicare, vivere prima di sopravvivere. E se anche oggi fosse l’ultimo giorno, poter dire sinceramente: ne è valsa la pena.
E tu?
Hai trovato la tua “dipendenza felice” che ti fa vivere davvero? Raccontamelo nei commenti!